Vito Acconci e la Body art anni ’70

La “performance” è un’attività artistica tipica di tutto il Novecento, che in particolare si intensificò nel dopoguerra, fino a diventare negli anni una pratica sempre più utilizzata e diversificata. Da essa deriva la cosiddetta “Body art”, ossia uno specifico genere di esibizioni basate sul corpo umano, dove quest’ultimo può agire sia in modo attivo che passivo. A partire dagli anni Sessanta fino alla metà del decennio successivo, la Body art si divise in tre principali filoni, il quali derivavano da altrettante tipologie di performance elaborate all’incirca dieci anni prima.

Il primo di questi nasce prendendo ispirazione dall’espressionismo astratto, e dalla sua tecnica basata sull’azione. Col tempo questa visone si sviluppò anche al di fuori dell’attività pittorica diventando un vero e proprio esempio di arte performativa, come nel caso del Gutai giapponese, i cui componenti si esibivano in gesta forti e d’impatto. La task performance invece affonda le sue radici nella danza: durante gli anni Cinquanta alcune ballerine iniziarono ad inserire nelle loro coreografie atti semplici e quotidiani, senza nessun significato simbolico, come ad esempio correre o camminare. Questo tipo di esibizioni viene spesso interpretato come una risposta femminile all’action performance, che al contrario era monopolizzata da artisti uomini. L’ultimo filone, quello del “rituale”, è stato sviluppato dagli azionisti viennesi. Tutte le loro operazioni avevano un obbiettivo comune, ossia l’elevazione dell’arte verso una dimensione mitologica, se non addirittura sacra.

Uno degli artisti più famosi della Body art degli anni Settanta è l’americano Vito Acconci, nato a New York nel 1940. I lavori di Acconci possono essere inseriti all’interno della “task performance”, poiché le sue opere si basano su gesti, che per quanto possano apparire bizzarri, non sono ne’ spettacolari ne’ straordinari, al contrario sono fortemente collegati alla dimensione istintuale e animalesca del soggetto umano. I suoi primi lavori erano incentrati sul concetto del fallimento. Il performer in “Studi di adattamento” preparava dei compiti che mettessero in risalto le difficoltà legate sia alle impossibilità fisiche, come nel caso in cui provò ad infilarsi il pugno nella bocca finché non percepiva un senso si soffocamento, sia a quelle sensoriali, come ad esempio quando si bendò facendosi lanciare addosso dei palloni, così da non poter reagire nel modo corretto per evitarli.

Col tempo la violenza diventò una parte sempre più importante nei suoi esercizi e in “Marchi” arrivò addirittura a mordersi fino ad imprimere il segno dei suoi denti sulla sua pelle. L’impronta successivamente veniva cosparsa con dell’inchiostro, per poi essere stampata su carta come una sorta di autografo. Questo tipo di cattiveria contro il suo stesso corpo continuò ed essere parte integrante della sua produzione, al punto che in “Conversioni”, influenzato dal movimento femminista, tentò di annullare i segni della sua mascolinità bruciandosi parte della sua peluria o stringendosi il petto con l’obbiettivo di creare l’illusione di un seno femminile. Nello stesso periodo Acconci decise di includere nelle sue performance anche altre persone, in modo da poter interagire con esse e sperimentare confini totalmente diversi da quelli provati fino a quel momento sulla sua pelle. I primi “esperimenti” di questo tipo si basavano su violazioni minime, ma col tempo non esitò ad intensificarle. “Inseguimento” e “Prossimità” erano molto simili in entrambe le situazioni l’artista si avvicinava a degli sconosciuti, che nel primo un caso seguiva finché questi non raggiungevano uno spazio privato, mentre nel secondo si limitava ad avvicinarli e restarvi accanto fino a quanto questi ultimi non decidevano spontaneamente di andarsene.

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“Rivendicazione” invece era una performance molto più impegnativa: degli estranei, su invito, dovevano entrare in uno scantinato, invadendo così lo spazio privato in cui era nascosto l’artista, il quale bendato e armato di un piede di porco e un tubo di piombo minacciava i malcapitati, imponendogli di abbandonare subito il suo “territorio”. Con questi lavori il performer poté addentrarsi in confini, fino a quel momento quasi inesplorati, portando a galla a volte dei tabù, che in pochi all’epoca avevano il coraggio di affrontare. Per questi motivi, ritengo che Acconci sia uno di quegli artisti contemporanei, che insieme alle proprie opere, meritino di essere diffusi maggiormente in modo che un domani non possa allontanarsi dalla nostra memoria con troppa facilità.

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