Quando in Europa si svilupparono i grandi totalitarismi, tra gli anni Trenta e Quaranta, quello che fino a poco tempo prima era stato un ambiente vivace e ricco di stimoli creativi, diventò un luogo in cui era estremamente difficile, se non pericoloso, esprimere liberamente le proprie idee. Tutte le principali dittature minarono fin dall’inizio le avanguardie artistiche: i nazisti, ad esempio, oltre ad aver causato la distruzione di svariate opere contemporanee, catalogarono con l’etichetta di “Arte degenerata” tutta la produzione che andava contro i loro parametri estetici. Queste restrizioni causarono non poche difficoltà agli artisti di quel periodo, i quali, per continuare le loro attività, si videro costretti a migrare verso il nuovo continente. In questo modo ,a poco a poco, l’America, e più nello specifico la città New York, rimpiazzò la grande Parigi, quella che fino ad allora era stata la culla di tutte le più importanti innovazioni in campo artistico.

In questo stesso periodo, sempre negli Stati Uniti, si stava facendo strada, un gruppo di amici-pittori, che combattendo contro i rifiuti e i boicottaggi delle più grandi istituzioni museali, cercavano di affermare il loro mix di stili innovativi e personali. Così grazie agli sforzi dei cosiddetti “irascibili” nacque il primo movimento artistico completamente americano: l’Espressionismo astratto. Le esperienze europee furono comunque delle importanti basi di partenza per questi pittori, su cui poggiare tutte le loro inedite e moderne intuizioni. Prima fra tutte quella Surrealista, che fece appassionare svariati espressionisti ai concetti del primitivismo e soprattutto della psicanalisi. Parlando invece di opere “Guernica” fu quella che più di tutte (assieme alla produzione dei muralisti messicani) ispirò le creazioni del gruppo di americani. Il 1947, assieme al 1948, fu l’anno della svolta: Newman diede vita a “Onement I”, de Kooning ottenne un inaspettato successo attraverso la sua esposizione personale, Rothko dipinse le sue prime opere mature e Pollock cominciò ad utilizzare la tecnica del dripping.
I numerosi dipinti degli “irascibili” diventarono sempre più famosi al punto che in molti iniziarono a chiedersi su cosa si basava la loro tecnica. Così verso la fine del ’47 la rivista “Possibilities” pubblicò delle dichiarazioni di Pollock riguardanti il suo personale processo creativo e il rapporto con le sue creazioni. L’artista affermò che durante produzione l’inconscio era la sua guida e proprio per questo motivo non era mai pienamente consapevole di quello che sta dipingendo. Solo in un secondo momento, dopo una sorta di presa di coscienza, era in grado di concepire cosa aveva veramente realizzato. Pollock lasciando sgocciolare magistralmente il colore, in modo più o meno abbondante sulla tela, si dimostrò sicuramente l’esponente più radicale del movimento. L’unico fra tutti che aveva il coraggio di abbandonare il tipico rapporto di potere che il pittore instaurava con i suoi dipinti.

Al contrario tutti i suoi compagni avevano maggiore controllo sulle loro opere: de Kooning, ad esempio, dava sempre molta attenzione alla composizione finale e per questo la sua produzione ci appare molto meno spontanea rispetto a quella del suo collega. Col tempo l’Espressionismo astratto ottenne una straordinaria popolarità fino a diventare il simbolo vero e proprio dell’arte americana, ma più in generale dell’americanità tanto che in molte occasioni, in particolare durante la Guerra Fredda, venne utilizzato per rappresentare il concetto di libertà in tutte le sue dimensioni.