Nel primo Novecento per molti artisti Parigi fu un’inesauribile fonte di ispirazione, un ottima base di partenza su cui costruire la propria carriera. Fu così anche per il giovane rumeno Constantin Brancusi, che in quella città ebbe l’occasione di imparare dai più grandi maestri dell’epoca, primo fra tutti Auguste Rodin, e allo stesso tempo di stringere amicizie con alcuni degli esponenti delle principali avanguardie, come Marcel Duchamp o Amedeo Modigliani. L’inizio della sua attività, come quella di molti altri scultori, fu segnata dall’utilizzo di materiali di scarto, principalmente legno o marmo, dai quali ricavava direttamente le sue opere, senza avvalersi dell’uso di nessun modello preparatorio. A livello stilistico queste prime statue nacquero dall’abile mediazione tra le tradizioni del suo paese d’origine e le tendenze avanguardistiche dell’epoca, dominate dal primitivismo e dal fascino dell’arte africana. La sensibilità per il materiale, l’immediatezza nella realizzazione, la lucentezza delle superfici e l’attrazione verso le forme semplici furono delle caratteristiche che contraddistinsero la produzione dell’artista fin dall’inizio.
“Il bacio” (1907) è una delle sue prime sculture, e già in essa si distinguono tutte le particolarità sopra elencate, anche se le differenze rispetto alle sue opere più mature risultano evidenti, infatti sono ancora presenti numerosi dettagli superflui, come occhi e capelli. In “Prometeo” (1911) invece le forme si sono estremamente semplificate fino ad ottenere delle linee che raggiungono quasi la morbidezza e la sinuosità delle creazioni successive. La purezza però non era l’unico elemento sul quale Brancusi si concentrava e, come Duchamp, amava collegarla al suo opposto, prendendo spunto in particolare dalle scoperte psicanalitiche di quegli anni. Dalle ricerche sul lato libidico dell’essere umano nasce “Principessa X” (1915), in cui il richiamo ad un fallo è evidente, se non immediato, tanto che risulta veramente difficile distinguere i tratti femminili del seno, del collo e del viso. In questo modo lo scultore riesce a legare due concetti con significati diametralmente opposti, da una parte troviamo il più esplicito simbolo della supremazia maschile dall’altra invece quello dell’eleganza, della nobiltà e della raffinatezza.
È impossibile concludere un articolo su questo artista senza citare il cosiddetto “caso Brancusi”, ossia uno dei primi famosi episodi in cui un pezzo d’arte contemporanea non viene riconosciuto per quello che è in realtà. Al centro di questo fatto vi è “Uccello nello spazio” uno dei più grandi capolavori di Constantin, un’opera che nella sua astrazione è in grado di rappresentare in maniera sublime, alcune delle più iconiche e affascinanti caratteristiche degli uccelli: dalla singola piuma, all’intera apertura alare, fino alla magica esperienza del volo. Nel 1927 la scultura doveva prendere parte ad un’importante esposizione negli Stati Uniti, ma una volta giunta alla dogana il personale non la seppe apprezzare tanto che la classificò come un semplice “oggetto da cucina”, applicandole così una tassa doganale. Brancusi indignato dell’accaduto, incoraggiato dall’amico Duchamp, decise di appellarsi alla corte della giustizia, la quale quasi un anno dopo l’avvenimento stabilì di assolverlo.