Quando si sente parlare di Espressionismo in genere si tende a pensare ai capolavori realizzati da Kirchner e dagli altri componenti del gruppo Die Brüke, ma questo movimento non si diffuse solamente in campo pittorico, tanto che, a partire dagli anni Venti, moltissimi registi si fecero influenzare da questo particolare universo. Fu così che in Germania nacque la versione cinematografica dell’espressionismo, che grazie alla raffinatezza estetica e tecnica, in breve tempo invase i grandi schermi di tutto il mondo, conquistando sia il pubblico europeo, sia quello americano.
Questa corrente deve gran parte del suo successo alle sue incredibili origini, infatti si può affermare che si tratta di una vera e propria convergenza di diverse discipline artistiche. È interessante sottolineare che durante la realizzazione di svariati film collaborarono tra loro, non solo tecnici, ma anche veri e propri artisti, come architetti e pittori, e spesso le scenografie scaturivano dalle menti di abili drammaturghi. L’artificiosità era un elemento distintivo per queste pellicole, come lo era stato per le tele da cui traevano ispirazione, di conseguenza tutti gli elementi del profilmico appaiono molto elaborati.

Le ambientazioni, come i costumi, dovevano essere ricche di dettagli, senza però sfociare nell’eccesso o nel cattivo gusto, poiché la componente visiva era fondamentale per i registi, al punto che privilegiavano un montaggio lento in grado di far risaltare l’accuratezza e la complessità delle immagini. Un altro elemento di primaria importanza era la contrapposizione tra luce ed ombra, utilizzata per simboleggiare la continua lotta tra bene e male, inoltre attraverso l’attento utilizzo di questi due elementi si potevano creare ulteriori rifiniture in grado di impreziosire le intere scene.

L’universo espressionista era abitato da figure inquietanti, che riflettevano i sentimenti derivati dalle recenti scoperte filosofiche, basate soprattutto sullo scardinamento delle grandi convinzioni umane e sulla riscoperta dei nostri impulsi istintuali, ben lontani dalla nostra razionalità. Da queste riflessioni prendono vita i protagonisti dei lungometraggi: personaggi maligni, dominati dalla ribellione, dall’angoscia e dalla frustrazione, che molto spesso, nonostante la somiglianza, non appartengono in tutto e per tutto al genere umano, si tratta infatti di vampiri, cloni, mostri o sonnambuli guidati da un padrone. “Il gabinetto del dr. Caligari”, di Robert Wiene, uscito nel 1920, è il primo film considerato “espressionista” e per questo motivo è anche quello che pone le basi stilistiche per l’intero movimento.
Oltre a Wiene, anche Friedrich Wilhelm Murnau diede il suo contributo per la formazione del genere grazie al suo amore per la pittura, che era per lui un’inesauribile fonte d’ispirazione, ma soprattutto grazie alla sua magistrale abilità nel dirigere le luci e conseguentemente le tenebre. Un altro regista di successo fu Fritz Lang, quest’ultimo però a causa del suo stile profondamente personale non abbraccerà mai a pieno tutti i fondamenti dell’espressionismo, ma comunque creerà alcuni dei più grandi capolavori del cinema muto tedesco, come il celeberrimo “Metropolis” uno degli esempi più spettacolari per quanto riguarda l’uso degli effetti speciali.