Mercoledì scorso sono andata al cinema a vedere “Loving Vincent”, le mie aspettative erano altissime perché Van Gogh è uno dei miei pittori preferiti e poi anche perché ero davvero molto curiosa di vedere come il film avrebbe affrontato il tema biografico. Devo dire la verità, mi ha colpita moltissimo, prima di tutto ha saputo raccontare gli ultimi eventi della vita dell’artista in maniera originale, come avrebbe fatto un vero investigatore, in questo caso impersonato da Armand Roulin, portando alla luce questioni ormai archiviate, ma di fatto non completamente risolte. In secondo luogo le immagini erano stupende e secondo me non poteva esserci modo migliore per raccontare l’universo emotivo dell’artista.
Prendendo ispirazione da questa toccante pellicola dipinta su tela ho deciso di dedicare questo post (e il prossimo) a Van Gogh, ai suoi sentimenti, alla sua vita.
Il 30 Marzo del 1852 nacque il primogenito di Theodorus Van Gogh e Anna Cornelia Carbentus, il quale venne alla luce già morto. Esattamente allo scadere del primo anniversario della sua morte nacque un altro bambino che, in onore del defunto fratellino, prese il suo stesso nome: Vincent. Questo evento eccezionalmente sfortunato fu, per molti psicologi, il fattore iniziale di una vita estremamente tormentata. Inoltre i genitori, ed in particolare Anna Cornelia, avevano un atteggiamento molto distaccato nei confronti del figlio e il pittore crebbe con la convinzione che sua madre avesse molto più a cuore il primo Vincent anziché lui. Con i suoi fratelli e soprattutto con Theo, Vincent ebbe, però, un rapporto molto stretto, col passare del tempo da inseparabili compagni di giochi diventarono l’uno il confidente dell’altro. Dagli 11 ai 15 anni Van Gogh fu mandato a studiare in un collegio lontano da casa, dove si trovò tutto d’un tratto lontano dal fratello e soprattutto lontano dalla campagna. Penso che comprendere il legame vitale che Vincent aveva con la natura sia fondamentale per poi capire il senso profondo della sua arte, Van Gogh per tutta la sua esistenza non fa altro che inseguire la natura rigogliosa e colorata delle campagne ed è lì che realizza le sue tele, o meglio sé stesso. Gli alberi, i fiori, l’acqua, il cielo, la luce: tutti questi elementi diventano nelle sue tele delle vere e proprie proiezioni degli suoi stati d’animo e della sua interiorità.
A causa del suo scarso rendimento scolastico i suoi studi si interruppero e all’età di 16 anni e con l’aiuto di uno zio iniziò a lavorare presso una prestigiosa casa d’aste specializzata della vendita di stampe e litografie. Inizialmente fu un periodo molto positivo per Vincent, intraprese questa occupazione con grande dedizione e inoltre fu grazie a questa esperienza che si appassionò realmente all’arte, poi nel giro di poco tempo decise, a causa di una grande delusione amorosa, di abbandonare il lavoro e, animato dall’ispirazione religiosa, di diventare missionario. Così nel 1878 Van Gogh si trasferì nel Borinage, una regione belga famosa per le numerose miniere di carbone, dove appunto svolse l’attività di catechista. Per un anno visse a stretto contatto con la miseria dei minatori provando ad aiutarli in tutti i modi possibili, curandoli e cedendogli indumenti, cibo e tutto ciò che era nelle sue possibilità. Questa forte dedizione non fu compresa dai suoi superiori e lo accusarono di essere mentalmente instabile e con questa motivazione lo allontanarono.
To be continued…
Leggere di Van Gogh è sempre un piacere… Grazie! ^_^
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Grazie, sono molto felice che ti sia piaciuto il post!
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