Jan Havickszoon Steen fu un pittore olandese vissuto tra il 1626 e il 1679. Al giorno d’oggi Steen è conosciuto come artista, ma in realtà nell’arco della sua vita non svolse solo questa attività, infatti fondò una fabbrica di birra e aprì una taverna. Il suo spirito festaiolo non rimase confinato solo dentro le mura delle osterie e si riversò anche nelle sue tele, caratterizzate da una grande attenzione psicologica per i personaggi, ma soprattutto condite sempre da una buona dose di ironia.
Com’è facilmente intuibile Steen amava la vita semplice, di tutti i giorni, e per questo i ritratti di attività quotidiane occuparono gran parte della sua produzione pittorica. Nei suoi quadri troviamo l’allegria delle feste paesane, ma allo stesso tempo, non manca la tranquillità e la delicata intimità dell’ambiente domestico. In quest’ultima categoria abbondano le scene “mediche”, dottori di tutti i generi e giovani malate costituiscono una cospicua percentuale del lavoro dell’olandese. Le condizioni delle pazienti non sono mai troppo gravi e le scene di per sé hanno poco della tragicità che spesso ci si aspetterebbe in queste situazioni. Uno dei malanni preferiti da Steen è il cosiddetto “mal d’amore”, malattia frequentissima nel ‘600, la cui affliggeva un numero esorbitante di ragazze.
Steen all’interno di queste tele sparpaglia con astuzia moltissimi dettagli, a volte apparentemente banali, a volte fin troppo inusuali, ma in entrambi i casi colmi di significati. Lettere d’amore e cupidi, in carne ed ossa o marmorei, sono dei chiari simboli dell’importante ruolo del sentimento amoroso all’interno del malessere della paziente. L’uroscopia era uno degli esami più praticati per diagnosticare il mal d’amore, e per questo non mancano quasi mai matule dal contenuto giallastro nei quadri del nostro Steen. Ma non solo attraverso l’urina si poteva individuare anche un’eventuale gravidanza inattesa, grazie ad un test molto rudimentale e soprattutto molto poco attendibile: se la donna storceva il naso, di fronte al forte odore che un cordoncino intriso della sua stessa urina produceva dopo essere stato bruciato, molto probabilmente secondo la medicina del tempo era incinta, questa pratica potrebbe spiegare la costate presenza dello scaldino nelle scene che avevano come protagoniste le giovani malate d’amore.
Nelle opere di Steen la cultura popolare riveste sempre un ruolo di una certa importanza e quindi nei suoi quadri non troveremo solo elementi prettamente medici o amorosi, ma anche alcuni dettagli che ci riportano alla mente le credenze e i proverbi tipici del suo tempo e della sua società. L’aringa è uno degli esempi più emblematici di questa sfera, all’apparenza sembra inspiegabile la sua presenza in una scena del genere, ma in quel periodo l’aringa era considerata da molti un alimento ricco di proprietà benefiche e per questo esisteva anche il detto “Haring in het land, dokters aan den kant” cioè “Più aringhe ci sono in un paese, più poveri saranno i dottori”, inoltre questo pesce era apprezzato anche per le sue doti afrodisiache.
Scaldini, matule e cibi sono presenze costanti nelle opere di Steen, ma è anche vero che questo pittore è apprezzato per l’attenzione che dedica alla psicologia dei suoi personaggi, i suoi dottori, a partire dai più austeri fino a quelli più originali, sono tutti caratterizzati da una certa attenzione nei confronti delle loro pazienti, le osservano, le rassicurano e ci parlano, Steen aveva ben capito che la loquacità era l’arma più efficace per affrontare delle testarde innamorate e così aveva trasmesso la sua geniale intuizione anche ai suoi medici. Le opere di Steen sono state osservate con attenzione da molti studiosi, ma soprattutto da molti medici, e non per ultimo dal dottor H. Meige, uno dei primi ad aver attribuito la giusta importanza alla sfera psicologica all’interno della malattia e in particolare a quella che allora veniva definita come isteria, la “moderna” evoluzione del mal d’amore seicentesco.