Francesco Gonin: l’illustratore de “I promessi sposi”

Francesco Gonin, non è un nome noto a molti, ma è stato uno degli artisti più influenti del panorama romantico piemontese. Gonin nacque nel 1808 a Torino e fin da giovanissimo coltivò il suo talento per l’arte, dai 12 ai 20 anni alternò lo studio all’Accademia di pittura e scultura di Torino con il lavoro presso diversi laboratori e atelier, in particolare collaborò con uno dei primi litografi in Italia, Felice Festa. Allora la litografia era una tecnica estremamente all’avanguardia, poiché era di rapida esecuzione e soprattutto perché permetteva la divulgazione, pertanto veniva estremamente promossa dal regno, e forse proprio grazie ad essa Gonin iniziò ad essere preso in seria considerazione come artista ed ottenne i suoi primi impieghi, tra cui alcuni ritratti ed illustrazioni per i volumi “Vite e ritratti di sessanta piemontesi illustri” e “Viaggio romantico-pittorico nelle province occidentali dell’antica e moderna Italia”. L’amore per l’arte, però, spinse Gonin oltre la pratica della litografia e nel tempo si specializzò anche nella xilografia, nella decorazione e nella tecnica dell’affresco e dell’acquerello. Queste conoscenze lo portarono a lavorare in moltissimi ambienti diversi, a partire da ville, abbazie, fino ad arrivare alle scenografie di opere teatrali.

Ciononostante non abbandonò mai la sua attività di illustratore, ed è proprio in quest’ambito che troviamo le sue opere migliori. Inoltre grazie alle sue xilografie e litografie iniziò ad essere apprezzato anche oltre i confini piemontesi, al punto che intrecciò dei proficui rapporti con alcuni dei più noti scrittori dell’epoca, fra i quali Carlo Porta, Tommaso Grossi e Alessandro Manzoni. Proprio in quegli anni Manzoni stava lavorando a quel romanzo che poi sarebbe diventato uno dei grandi classici della letteratura italiana, ossia “I promessi sposi”. Prendendo ispirazione dalle edizioni francesi illustrate del “Don Chisciotte” e del “Gulliver”, desiderava impreziosire il suo testo con delle vignette per renderlo più accattivante, ma anche più difficile da contraffare. Inizialmente l’artista al quale voleva affidare il lavoro era Francesco Hayez, ma dopo un rifiuto da parte di quest’ultimo, pensò di contattare il litografo piemontese che aveva conosciuto pochi anni prima, così il lavoro venne affidato a Francesco Gonin.

Gonin diede vita a delle bellissime e curatissime illustrazioni, che sono ricordate ancora oggi, per la maestria e per i dettagli con cui rappresentano, non solo gli episodi salienti del romanzo, ma anche le emozioni dei complessi personaggi manzoniani. Nella copertina si combinano alla perfezione l’animo pittorico con l’esperienza per la decorazione: gli eleganti motivi sono arricchiti dalla presenza dei protagonisti del testo.

Nei ritratti Gonin delinea con attenzione le molteplici personalità dei personaggi: Lucia è delicata e riservata, Don Abbondio ha un ghigno subdolo, la Monaca di Monza pura all’apparenza nasconde un segreto misterioso e infine non si possono di certo trascurare i “due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina, come due cavalli bizzarri; condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona tirata di morso” di Fra Cristoforo. In conclusione non si possono nemmeno tralasciare i disegni delle situazioni principali, le quali a mio parere non sono solo ben realizzate, ma arricchiscono e completano la narrazione, come ad esempio l’illustrazione che riporta l’incontro tra i bravi di Don Rodrigo e Don Abbondio, oppure il commovente “Addio ai monti”.

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