Felix Gonzalez-Torres: una vita che si fa arte

Felix Gonzalez-Torres è uno di quegli artisti, che più di altri, ha avuto la capacità di tradurre in opere la sua vita, la sua identità e i suoi sentimenti. La sua produzione è chiaramente legata alla comunità gay degli anni ‘90, politicamente attiva e sconvolta dall’epidemia di AIDS, ma è soprattutto e più di ogni altra cosa, Lui, Felix, in tutte le sue più piccole sfaccettature.
Gonzalez-Torres nacque a Cuba nel 1957, crebbe a Puerto Rico e successivamente emigrò negli Stati Uniti, dove trascorse tutta la sua vita, fino alla morte per AIDS nel 1996. Dal 1990 iniziò ad esporre le sue opere, catturando un grande interesse, presso la Andrea Rosen Gallery di New York, ma non solo. Infatti, nonostante il limitato periodo di attività, si trovò al centro di diverse manifestazioni internazionali, e anche dopo la prematura scomparsa, la sua arte ha continuato a riscuotere un notevole successo, tanto che nel 2007, undici anni dopo il suo decesso, ha rappresentato gli USA alla Biennale di Venezia. La sua produzione è costituita da quel tipo di opere d’arte contemporanea che fanno dire ai più “potevo farlo anch’io”, ma dietro questa semplice apparenza nasconde molto altro!

La comunità omosessuale, più di ogni altra, era profondamente scossa dall’AIDS, che nel giro di pochissimo tempo era diventata una minaccia di enorme proporzione, ma ciononostante gran parte dei governi ne ignoravano l’esistenza o peggio ancora, in alcuni casi la utilizzavano come strumento di condanna. Proprio per questo molti artisti, omosessuali in primis, ma non solo, cominciarono a porre al centro dei loro interessi l’attenzione per questo problema trascurato e oscurato dalle amministrazioni statali, dando vita a dei veri e propri movimenti politicizzati, che avevano l’intento di sensibilizzare le masse ai pericoli legati al virus dell’HIV e alla sua contrazione. L’ACT UP fu senza dubbio il movimento che ottenne maggior attenzione agli occhi del pubblico e dei media, vantava grandi nomi tra le sue file e fra questi vi era anche il nostro Felix Gonzalez-Torres.

 

Egli però, al contrario di molti altri esponenti dell’ACT UP, non realizzava solo opere con scopi esplicitamente politici, uno dei suoi fini infatti era quello di sdoganare la cultura gay all’interno delle ultime grandi correnti artistiche. Proprio per questo motivo, in più occasioni riprese forme minimaliste, post-minimaliste o concettuali, aggiungendo però una sua firma personale, un tocco inusuale che poteva essere costituito da colori, oggetti o didascalie che in qualche modo rimandavano alla cultura gay e non solo alla triste pagina dell’AIDS. Come ho voluto sottolineare all’inizio del post, tuttavia il vero fulcro dell’arte di Gonzalez-Torres è la sua stessa vita e in particolare il romantico rapporto tra lui e il compagno Ross, emblematico di tutto ciò è il costante richiamo al concetto di coppia evidente in molte dei suoi pezzi: due orologi perfettamente sincronizzati, due lampadine i cui fili si intrecciano e infine un letto matrimoniale sfatto sul quale possono ancora vedersi i segni dei due corpi che vi hanno giaciuto per un’intera notte.

Gonzalez Torres copertina

L’arte di Felix Gonzalez-Torres è l’espressione prima di tutto di una persona, fatta di relazioni, passioni e dolori, e poi di una comunità orgogliosa, che stanca di essere stata ignorata e condannata per lungo tempo, finalmente vuole farsi sentire a gran voce. A questo punto consiglio a tutti i curiosi o appassionati di andare a vedere la mostra “Dancing with Myself” ospitata negli spazi di Punta della Dogana (Venezia) in cui sono visibili due opere firmate Gonzalez-Torres: “Untitled” (7 days of bloodworks) del 1991 e “Untitled” (Blood) del 1992.

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