“Sobborgo I”, il paesaggio in Schiele

La produzione di Egon Schiele è caratterizzata per la maggior parte da ritratti, e in particolare ritratti femminili, tuttavia lungo la sua breve, ma fruttuosa carriera ha avuto modo di indagare anche altri soggetti. Oggi approfittando dell’analisi di “Sobborgo I” (1914, olio su tela riportata su masonite, 101×120,5 cm. Stoccarda, Staatsgalerie) andremo a vedere come questo precoce artista interpreta il tema della città.

La protagonista di quest’opera è Krumau, luogo di nascita della madre dell’artista, e cittadina in cui quest’ultimo soggiorna tra il 1911 e il 1913. Come si evince dal titolo, in questa tela Schiele non sceglie di dipingere un centro urbano, ma una periferia, caratterizzata dalla campagna coltivata, dal fiume Moldava e da un piccolo complesso di abitazioni. La struttura del dipinto, apparentemente infantile, è molto più raffinata di quanto si possa immaginare a prima vista. Il paesaggio viene rappresentato a volo d’uccello, e lo spazio è organizzato secondo fasce orizzontali parallele.

Alla base del dipinto si trovano i campi coltivati, salendo si incontrano tre zone caratterizzate sempre dal terreno solcato dall’aratro e dalla presenza di case disposte alternativamente tra sinistra e destra. Oltre gli edifici si può individuare una fascia molto più chiara rispetto a tutto il resto della composizione, questa non è altro che l’acqua corrente della Moldava, infine all’estremità superiore, al di là del fiume e nuovamente caratterizzata dalla terra scura, si trova l’altra riva, anche questa coltivata, come si può dedurre dai lievi solchi che la percorrono.

Le case sono disposte al centro dell’opera e sono organizzate in modo tale da creare un triangolo isoscele, i cui vertici sono appunto i tre agglomerati abitativi. Poste queste premesse sull’organizzazione dello spazio e il punto di vista da cui è stato ritratto, risulta evidente che le case non sono state disegnate come se fossero viste a volo d’uccello. Le facciate sono disegnate in prospetto, ossia come se fossero poste frontalmente rispetto a noi, mentre i tetti sono realizzati in prospettiva dall’alto. Tutto ciò rende il paesaggio irreale, ma allo stesso tempo fortemente simbolico ed espressivo, inoltre il colore rosso, disseminato in sottili lingue su tutta la superficie della tela, non fa altro che esaltare questa caratteristica, grazie al forte contrasto che crea abbinato ai toni tenui e scuri dell’intera composizione. Il rosso dona vivacità alle case, e proprio grazie a questo dettaglio, che le incornicia e le spezza, sembrano degli organismi viventi, che mostrano prepotentemente la loro presenza all’interno del paesaggio, il quale, altrimenti, non avrebbe esitato ad inghiottirle nella sua oscurità. Queste fiammelle però hanno anche un altro importantissimo scopo, quello di interrompere l’andamento orizzontale dell’intero dipinto, con la loro intrusione verticale infatti donano dinamicità alla composizione, la quale assume un’atmosfera fantastica, incerta e quasi inquietante.

Niente sembra stabile e in questa maniera il paesaggio si trasforma in una metafora dell’incertezza della vita, tema affrontato da molti artisti vissuti cavallo tra ‘800 e ‘900, ma senza dubbio tratto distintivo di Schiele. Inconfondibile infine l’autografo dell’autore, stretto in un piccolo quadratino bianco: “EGON SCHIELE 1914”, riportato in questo modo in moltissime delle sue opere.

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