Peter Boswell, editor di Art Digest, scrisse di Fantasia come di “un’esperienza estetica che non si dimentica”, mentre il critico cinematografico del New York Times, Bosley Crowther, affermò addirittura che la pellicola aveva segnato indelebilmente la storia del cinema. Senza dubbio Fantasia non è un normale film d’animazione, ha un carattere innovativo, e come quasi tutte le cose all’avanguardia fatica ad ottenere un consenso immediato. Appena dopo la sua uscita, nel 1940, nonostante alcune accoglienze entusiastiche, come quelle sopra citate, si diffuse l’idea che si trattasse di un film poco adatto per dei bambini e più consono invece ad un pubblico intellettuale. Questa credenza derivava innanzitutto dalla proposta di un intrattenimento completamente diverso rispetto a quello delle produzioni più tradizionali, il senso dell’opera non si basava più sullo svolgimento di una trama, ma su delle emozioni pure e semplici, nate dall’interazione tra musica e immagini.
La trama non scompariva completamente, ma restava certamente in secondo piano, questa caratteristica distingueva “Fantasia” anche dai precedenti lungometraggi Disney, ossia “Biancaneve e i sette nani” e “Pinocchio”. Questa svolta di stile repentina lasciò interdetti non solo gli spettatori e i critici, ma anche gli addetti ai lavori, persino i dirigenti della RKO Radio Pictures, compagnia che a quei tempi si occupava della distribuzione dei film Disney, erano convinti che si trattasse di un costosissimo buco nell’acqua. Le spese per la creazione del film, che inizialmente doveva essere un semplice cortometraggio, avevano sforato il budget iniziale, così Disney penso di estendere il progetto e di creare un lungometraggio, in modo da ottenere dei maggiori incassi. In principio l’intenzione era quindi quella di realizzare un piccolo corto con l’obbiettivo di rilanciare il personaggio di Topolino, che negli anni ‘30 aveva subito un grave calo di apprezzamenti, e così era stato creato “L’apprendista stregone”. Quest’ultimo era già di per sé un poema musicale, scritto nel 1897 da Paul Dukas, il quale a sua volta aveva preso ispirazione da una ballata di Goethe, gli altri episodi invece furono interamente pensati da Disney e Leopold Stokowski, direttore dell’orchestra di Filadelfia.
I temi affrontati dalle storie sono molto diversi tra loro e il vero agglomerante è la musica dei grandi maestri che accompagna ogni narrazione. Oltre al già citato “L’apprendista stregone” di Duckas, le altre “protagoniste” della pellicola sono: “Toccata e fuga in re minore” di Bach, “Lo schiaccianoci” di Ciaikovskij, “La sagra della Primavera” di Stravinsky, la “Sinfonia pastorale” di Beethoven, “La danza delle ore” di Ponchielli, “Una Notte su Monte Calvo” di Musorgskij e l’ “Ave Maria” di Schubert.
L’episodio “Toccata e fuga in re minore: l’astrazione visuale” risulta particolarmente innovativo dal punto di vista del design e dell’animazione perché propone delle immagine appunto astratte che si generano e si modificano in base al ritmo e al suono della musica in sottofondo. L’interesse di Disney per l’arte d’avanguardia, e nello specifico per il surrealismo e l’astratto, è cosa nota e per la realizzazione di questo cortometraggio decise di mettersi in contatto con Oskar Fishinger, uno specialista dell’animazione astratta. Questa tecnica, che in quegli anni andava molto di moda, non ottenne mai i consensi desiderati, tuttavia la combinazione tra musica e immagine astratte animate risultò vincente e rese il prima storia di fantasia, una delle più apprezzate dai critici. Col tempo Fantasia venne riconosciuto come un vero e proprio successo e al giorno d’oggi rientra tra i film di maggior incasso, appena alle sue spalle troviamo pellicole della levatura de “Il padrino” o “Forrest Gump”.