Il “Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria” e il suo tempo

Chiunque si trovi di fronte ad una scultura di Canova non può che rimanere incantato. Non serve certo essere degli intenditori per essere rapiti dall’incredibile fascino e dall’immensa maestria, che vi è dietro ognuna delle grandi opere dell’artista veneto. Ciò che però a mio avviso rende Canova un vero maestro capace di stupirci ancora oggi, non è l’abilità tecnica, ma l’espressività, che gli permette di veicolare, attraverso i suoi capolavori, tutti i valori e i sentimenti tipici della sua epoca. Il “Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria” è una delle opere che più amo di Canova, proprio perché secondo me è una di quelle che meglio rappresenta la cultura e il pensiero a cavallo tra Sette e Ottocento. Questo lavoro è stato commissionato nell’estate del 1798 dal duca Alberto di Sassonia-Teschen, marito della defunta Maria Cristina d’Asburgo-Lorena, ed è stato inaugurato nell’ottobre del 1805 nell’Augustinerkirche di Vienna. L’opera in sé è piuttosto curiosa come monumento funebre, e ciò che più salta all’occhio ad un primo sguardo è senza dubbio la forma piramidale. Tutto sommato però la piramide è anche una delle forme più utilizzate in ambito sepolcrale, seppur in aree molto lontane dalla nostra. Tuttavia ne esistono anche degli esempi occidentali, tra cui la Piramide di Caio Cestio (I sec a.C.) e le più recenti tombe dei Chigi (realizzate tra Cinquecento e Seicento), dalle quali Canova ha probabilmente tratto ispirazione.

La piramide quindi ben si addice ad un monumento sepolcrale, sia dal punto di vista della tradizione, sia dal punto di vista geometrico, infatti grazie alla sua conformazione è simbolo di eternità e perfezione. Il concetto di eternità viene rimarcato ulteriormente dall’uroboro, ossia il serpente che si morde la coda, che incornicia il medaglione nel quale è ritratta la defunta. Un altro fatto interessante è che il corteo che si dirige verso l’ingresso buio della tomba, simbolo della separazione tra mondo dei vivi e dei morti, è composto da personaggi che hanno dei ruoli ben precisi all’interno della composizione. La donna che aiuta il vecchio ceco a salire le scale è la Pietà, colei che guida la processione e tiene tra le braccia le ceneri di Maria Cristina è la Virtù, il leone, ripreso dal complesso funebre di Clemente XIII, rappresenta la Fortezza, il genio alato è la tenerezza dello sposo, infine la figura femminile che sorregge il medaglione è la Felicità Celeste e il bambino che l’accompagna stringe tra le mani una palma, simbolo di gloria. Tutti questi intensi significati non fanno altro che avvalorare l’iscrizione posta sullo spesso architrave dell’ingresso “UXORI OPTIMAE ALBERTUS”.

In che modo però tutto questo lega l’opera di Canova al gusto della sua epoca? Innanzitutto in ogni sua parte questo monumento è un’esaltazione dello stile Neoclassico, è un’opera maestosa, ma allo stesso tempo sobria, non mostra tragicamente la morte, ma propone una rappresentazione che la celebra in maniera delicata. Tutto è in divenire, la processione deve ancora varcare la soglia dell’Oltretomba e la Felicità deve ancora appendere il medaglione alla piramide. La scelta stessa di rappresentare la nobile attraverso un medaglione anziché attraverso una statua dimostra il passaggio dall’esagerazione barocca alla raffinatezza neoclassica. Infine questo capolavoro si collega alla perfezione con la poesia sepolcrale molto in voga in quel periodo, in questo modo la nostra opera può essere messa in relazione con la produzione del poeta Ugo Foscolo e del suo carme “Dei Sepolcri”.

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