Il Futurismo fin dal principio si presenta come un movimento artistico dedito al progresso, proprio per questo sembrerebbe naturale pensare che vi fosse una certa intesa fra gli artisti futuristi e il mezzo fotografico. Al contrario questo rapporto fu particolarmente travagliato e nonostante i possibili punti in comune si sviluppò con lentezza, senza mai arrivare ad una piena affinità. Gli artisti si concentravano sulla rappresentazione del movimento, senza però introdurre nessuna novità consistente. Il quadro manteneva le stesse proprietà che aveva nell’Ottocento, si trattava sempre di uno specchio sulla realtà, che tentava di abbracciare l’azione senza però riuscirci a pieno. Al tempo stesso però lo strumento che avrebbe potuto aiutarli a raggiungere il loro obbiettivo veniva rifiutato e tra i più accaniti oppositori della fotografia vi era Boccioni, uno dei nomi più importanti all’interno del movimento. Boccioni non appoggiava la fotografia principalmente per due motivi: per il punto di vista monoculare e fisso e per l’apparente eccessiva facilità d’uso del mezzo, a causa della quale veniva interpretato come un strumento di serie b, adatto a turisti o ad amatori, piuttosto che alle abili mani di un artista.
Tuttavia il primo vero incontro tra fotografia e Futurismo avvenne grazie al Fotodinamismo, un’invenzione del 1910 nata dalle menti di Arturo e Carlo Ludovico Bragaglia. Attraverso le novità introdotte dai due fratelli la macchina fotografica aveva la capacità di catturare letteralmente il movimento e non solo un frammento di esso. Nessuno dei due però aveva intuito le potenziali affinità col movimento artistico nato poco prima e qui entrò in ballo il terzo fratello, Anton Giulio, che convinse Arturo e Carlo Ludovico, a lasciargli pubblicare un volumetto intitolato “Fotodinamismo Futurista”. Anton Giulio era a conoscenza delle opinioni dei futuristi e per questo motivo cercò di avvicinare l’invenzione dei suoi fratelli il più possibile alla pittura. Il Fotodinamismo era una “non fotografia” perché non ne condivideva l’eccessivo realismo e sopratutto perché era in grado di trasportare in un immagine l’azione, cosa che la fotografia poteva fare solo in maniera frammentaria. Ma come si può immaginare neanche il Fotodinamismo non venne accolto a braccia aperte da Boccioni e i suoi colleghi. Questi ultimi infatti non persero tempo e scrissero immediatamente al direttore di una galleria d’arte romana invitandolo a non includere nessuna opera di Fotodinamismo alla “Mostra Futurista” che stava organizzano e pubblicarono sulla rivista “Lacerba” una lettera che testimoniava la loro totale avversione dei confronti della creazione dei fratelli Bragaglia.
Solo negli anni del Secondo Futurismo il rapporto con la fotografia subì una svolta e nel 1930 venne finalmente scritto il manifesto della “Fotografia futurista”. La fotografia anche in questo caso non riuscì a ritagliarsi un ruolo particolarmente importante all’interno del movimento, più che altro si limitava a seguire le tracce della pittura, senza esprimere le sue possibilità intrinseche. Solamente Fortunato Depero riuscì ad intuirne le potenzialità realizzando degli interessanti autoscatti nei quali si ritraeva nelle vesti di un artista-monello. Gli scatti avevano sempre un tono giocoso, ma allo stesso tempo trasgressivo, con una particolare attenzione per l’espressione di forza e dinamismo. “Autoritratto su un albero all’Acqua Acetosa” e “Autoritratto con pugno” ne sono degli ottimi esempi.
Post favoloso, grazie.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie a te! 🙏
"Mi piace""Mi piace"