Picasso fa ordine

Picasso è l’artista eclettico per eccellenza, nel corso della sua lunga carriera ha sperimentato, inventato e indagato senza mai fermarsi. La curiosità è stata per certo la fiamma della sua incessante creatività ed è probabilmente ciò che lo ha reso uno dei più rispettati maestri di tutti i tempi. La svolta più grande all’interno della sua produzione è stata senza dubbio il cubismo, infatti la definizione che solitamente accompagna Picasso, anche tra i profani, è: “il padre del cubismo”. Inutile dire che Picasso è sì l’inventore del cubismo, ma anche molto di più, e proprio per questo oggi vorrei soffermarmi su una parte molto diversa, se non antitetica, della sua produzione, ossia il cosiddetto “rappel à l’ordre” (ritorno all’ordine). Per un periodo, che coincide pressapoco con la fine della Prima Guerra Mondiale, Picasso ha prodotto delle opere in stile neoclassico, questo ha provocato non poco scompiglio tra i suoi seguaci, ma soprattutto tra i critici. Naturalmente sono state avanzate molteplici teorie per tentare di spiegare questo apparente cambio di rotta, ma prima di andare ad analizzarle, mi sembra opportuno contestualizzare questo “reappel à l’ordre” e tentare di fare un po’ più di chiarezza sulla sua natura.

La prima cosa da dire è che questa voglia di tornare all’ordine non investe solo Picasso, ma anche altri artisti, e infatti attorno al 1918 nascono correnti che hanno proprio tra i loro obbiettivi quello di un ritorno alla classicità, uno tra tutti la Metafisica di De Chirico. Nel primo dopoguerra molti artisti hanno sentito la necessità di “ripulire” il caos che si era creato nel periodo precedente al conflitto. I primi anni del Novecento erano stati anni all’insegna dell’avanguardia e sembravano aver spazzato via gran parte delle regole e delle prescrizioni che si erano cementate nel corso dei secoli precedenti, per questo si iniziava a sentire il bisogno di riesumare un’arte scientifica, un’arte fatta di leggi, di tradizioni e naturalmente di prospettiva. Secondo alcuni questa nuova ondata era anche causata dalle politiche xenofobe che stavano iniziando a farsi avanti, e perciò il reappel à l’ordre appariva come una negazione di tutte quelle pratiche barbare che erano andate ad inficiare la perfezione dell’arte classica. Perciò il caso di Picasso non è un evento isolato e infatti alcuni critici hanno interpretato questa variazione di stile come un risultato del contesto storico.

Altri invece hanno preferito pensare che il cambio di direzione di Picasso non fosse davvero un cambio ma piuttosto una naturale conseguenza delle sue ricerche stilistiche. Sembra una scelta piuttosto ardita quella di collegare il cubismo al neoclassicismo, ma questa interpretazione trova la sua risposta all’interno della pratica del collage. Dopo l’accademizzazione del cubismo, molti pittori si erano interrogati sulla sua possibile evoluzione e ovviamente anche Picasso stesso era alla ricerca di altre vie, e pare che sia stata proprio la pratica del collage ad avergli fornito una risposta. Seguendo la filosofia del collage, il quale non è altro che l’innesto di materiale eterogeneo su una superficie omogenea, Picasso trasformò la sua produzione in un collage, avvalendosi di molti stili diversi. Ad avvalorare questa tesi c’è il fatto che neanche nel suo apparente periodo neoclassico Picasso abbandonò il cubismo. Per concludere vorrei riportare una delle emblematiche risposte di Picasso, quando Ernest Ansermet gli chiese come mai dipingesse contemporaneamente con due stili opposti egli ribatte “Non vede? I risultati sono uguali.”

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