Quest’anno si celebra un compleanno davvero importante. Importante per il numero, infatti si tratta del 100° compleanno, ma importante soprattutto per il festeggiato: il Bauhaus! Una scuola che grazie al suo spirito avanguardistico e tecnologico ha ridefinito il concetto di arte, influenzando non solo designer, architetti e pittori, ma un’intera cultura. Si tratta di una di quelle esperienze dalla portata talmente rivoluzionaria che occupa di diritto un grosso spazio all’interno della storia dell’arte. Uno spazio che può essere allo stesso determinato nel tempo, tra il 1919 e il 1933, rispettivamente anni di apertura e di chiusura dell’istituto, e indeterminato, o meglio segnato da un inizio, ma non da una fine, se si osserva il suo impatto durato ben oltre il 1933.
Per celebrare questo anniversario TheTomatoSauce dedicherà ogni mese un articolo al Bauhaus. Il primo di questa serie ha come protagonista Oskar Schlemmer, docente che ha occupato le cattedre di scultura (1922) e di teatro (1923-1929) nella prestigiosa scuola, e alla sua opera più importante, “Balletto triadico”.
La concezione che Schlemmer aveva del teatro si legava alla perfezione con le idee dell’istituto, fortemente ispirato dalla tecnologia, sosteneva che il teatro doveva servirsene per dare vita ad audaci fantasie. Non si trattava tuttavia di un competo abbandono della tradizione, infatti il teatro popolare, con i suoi personaggi autentici e genuini, costituiva una grossa fonte di interesse per il professore. Ciò che andava rivisto era soprattutto il rapporto tra uomo e spazio, secondo Schlemmer infatti questo verteva completamente a favore dell’uomo. Bisognava quindi creare un nuovo equilibrio in grado di avvicinare uomo e spazio, e il modo più immediato per ottenere questo risultato sembrò quello di rendere l’uomo più architettonico. Il mezzo principale per portare a termine tale proposito era il costume, attraverso il quale era possibile geometrizzare le forme umane, e trasformare quindi i performer in “marionette” o “automi”. Il significato di questi personaggi non era assolutamente da interpretate secondo connotazioni negative, come potrebbe avvenire al giorno d’oggi, al contrario erano simboli di grazia divina e potere perturbante.
Veniamo ora al “Balletto triadico” l’opera che più rappresenta la concezione che Schlemmer aveva del teatro. Il termine triadico deriva dall’interpretazione simbolica che Schlemmer attribuiva al numero tre, cifra che secondo lui significava collettività, attraverso il superamento dell’egoismo (uno) e del contrasto (due). Questo numero si concretizza nei ballerini, una donna e due uomini, e nella divisione in atti: il primo è dominato da uno sfondo giallo e viene definito come un “gaio burlesque”, il secondo caratterizzato dal colore rosa rappresenta una “cerimonia solenne”, infine l’ultimo, su scena nera, è una “fantasia mistica”. Gli abiti hanno un ruolo fondamentale poiché guidano e limitano i movimenti dei ballerini e inoltre catturano immediatamente lo sguardo dello spettatore grazie ai loro volumi squisitamente geometrici e ai loro materiali insoliti, molti di questi infatti sono confezionati in carta pesta e dipinti con colori metallici. Il Balletto triadico ottenne un enorme successo fra il pubblico e dopo la prima del 1922 a Stoccarda, le rappresentazioni dello spettacolo proseguirono per dieci anni in tutte le principali città europee.
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