Il Novecento portò con sé una grossa quantità di innovazioni e senza dubbio tra queste può essere inserita la crescente importanza del ruolo della donna nel mondo dell’arte. Col tempo le donne iniziarono ad imporsi allo stesso livello degli uomini in svariati campi, tra cui: scultura, pittura, design e fotografia. Fu proprio quest’ultimo ambito, tra gli anni Venti e Trenta, a determinare un consistente innalzamento delle quote rosa sulla scena artistica internazionale. Benché l’accesso alle accademie delle belle arti era ancora negato alle donne nella prima parte del Novecento, in Germania iniziarono ad esserci istituti che offrivano corsi di fotografia aperti a studenti di entrambi i sessi. Pertanto la fotografia si offrì come uno dei principali mezzi della produzione artistica femminile. La protagonista di oggi sarà una fotografa, che al contrario delle sue immagini, non è molto conosciuta.
Lucia Moholy arrivò al Bauhaus insieme a suo marito, László Moholy-Nagy, che aveva ottenuto l’incarico di docente del Vorkurs. Lucia visse per anni la quotidianità dell’istituto, conoscendo studenti e professori, respirò giorno per giorno lo spirito della scuola, degli insegnamenti e dei progetti. La sua creatività perciò si manifestò in maniera naturale nella documentazione di tutti quegli interessanti impulsi che provenivano da ogni angolo dell’istituto. La grandissima fama di László sovrastò decisamente Lucia, ma sarebbe errato ritenere che la sua produzione sia completamente subordinata allo spirito e alle idee del marito. Gli scatti della Moholy rivelano una grande abilità, con la macchina fotografica lei era in grado esaltare le qualità e le strutture degli oggetti di design realizzati dagli studenti, sapeva catturare il carattere delle persone che le vivevano attorno, attraverso non solo i ritratti, ma addirittura fotografando le loro stanze o i loro oggetti personali e infine aveva la capacità di donare nuova vita alle architetture degli edifici giocando con prospettive particolari e dando alla luce immagini dalla grande raffinatezza compositiva.
Le sue creazioni parlavano e mostravano in maniera così illuminante l’atmosfera del Bauhaus al punto che Walter Gropius le utilizzò in tutti i contesti possibili per pubblicizzare il suo istituto, infatti ancora oggi la maggior parte delle fotografie che testimoniano l’esperienza del Bauhaus sono proprio da attribuire a Lucia Moholy. Dietro all’utilizzo di queste fotografie si nasconde un aneddoto piuttosto interessante, che ci fa riflettere su questioni che ancora oggi sono al centro di vivaci dibattiti. Lucia abbandonò il Bauhaus qualche anno prima della sua chiusura, avvenuta nel 1933 a causa dell’ascesa del nazismo, nella fretta non si occupò di recuperare gli innumerevoli negativi che aveva realizzato negli anni precedenti e di conseguenza quando venne a conoscenza della chiusura forzata della scuola, pensò che le sue creazioni sarebbero purtroppo andate distrutte o comunque perdute.
Qualche anno dopo si imbatté inaspettatamente in sempre più scatti che provenivano proprio dalla sua produzione di quel periodo, nessuno purtroppo però riportava la sua firma. Riuscì a rintracciare chi aveva recuperato i suoi negativi, si trattava di Gropius. Da quel momento intrattenne con lui una lunghissima corrispondenza per stabilire chi fosse realmente il proprietario legittimo degli scatti, se il fotografo oppure il creatore di ciò che essi ritraevano. La questione finì in tribunale, dove venne stabilito che i negativi appartenevano alla Moholy, gliene vennero restituiti 300, senza però nessun rimborso nonostante l’ingente utilizzo delle sue fotografie.
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